Codice deontologico degli psicologi italiani
Capo I - Principi
generali
Articolo 1 Le regole del presente Codice Deontologico sono vincolanti per tutti gli
iscritti all'Albo degli psicologi. Lo psicologo è tenuto alla loro conoscenza e
l'ignoranza delle medesime non esime dalla responsabilità disciplinare. Le
stesse regole si applicano anche nei casi in cui le prestazioni, o parti di
esse, vengano effettuate a distanza, via Internet o con qualunque altro mezzo
elettronico e/o telematico.
Articolo 2 L'inosservanza dei precetti stabiliti nel presente Codice deontologico, ed
ogni azione od omissione comunque contrarie al decoro, alla dignità ed al
corretto esercizio della professione, sono punite secondo quanto previsto
dall'art. 26, comma 1°, della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, secondo le procedure stabilite dal Regolamento disciplinare.
Articolo 3 Lo psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul
comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico
dell'individuo, del gruppo e della comunità. In ogni ambito
professionale opera per migliorare la capacità delle persone di comprendere se
stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed
efficace. Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante dal
fatto che, nell'esercizio professionale, può intervenire significativamente
nella vita degli altri; pertanto deve prestare particolare attenzione ai
fattori personali, sociali, organizzativi, finanziari e politici, al fine di
evitare l'uso non appropriato della sua influenza, e non utilizza indebitamente la fiducia e le eventuali situazioni di dipendenza
dei committenti e degli utenti destinatari della sua prestazione professionale.
Lo psicologo è responsabile dei propri atti professionali e delle loro
prevedibili dirette conseguenze.
Articolo 4 Nell'esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il
diritto alla riservatezza, all'autodeterminazione ed all'autonomia di coloro
che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze,
astenendosi dall'imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in
base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato
socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità.Lo
psicologo utilizza metodi e tecniche salvaguardando tali principi, e rifiuta la
sua collaborazione ad iniziative lesive degli stessi. Quando sorgono conflitti
di interesse tra l'utente e l'istituzione presso cui
lo psicologo opera, quest'ultimo deve esplicitare alle parti, con chiarezza, i
termini delle proprie responsabilità ed i vincoli cui è professionalmente
tenuto.In tutti i casi in cui il destinatario ed il committente dell'intervento
di sostegno o di psicoterapia non coincidano, lo psicologo tutela
prioritariamente il destinatario dell'intervento stesso.
Articolo 5 Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione e
aggiornamento professionale, con particolare riguardo ai settori nei quali
opera. La violazione dell'obbligo di formazione continua, determina un illecito
disciplinare che è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall'ordinamento
professionale. Riconosce i limiti della propria competenza e usa, pertanto solo
strumenti teorico – pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove
necessario, formale autorizzazione. Lo psicologo impiega metodologie delle
quali è in grado di indicare le fonti e riferimenti scientifici, e non suscita,
nelle attese del cliente e/o utente, aspettative infondate.
Articolo 6 Lo psicologo accetta unicamente condizioni di lavoro che non compromettano
la sua autonomia professionale ed il rispetto delle norme del presente codice,
e, in assenza di tali condizioni, informa il proprio Ordine. Lo psicologo
salvaguarda la propria autonomia nella scelta dei metodi, delle tecniche e
degli strumenti psicologici, nonché della loro utilizzazione; è perciò
responsabile della loro applicazione ed uso, dei risultati, delle valutazioni
ed interpretazioni che ne ricava. Nella collaborazione con professionisti di
altre discipline esercita la piena autonomia professionale nel rispetto delle
altrui competenze.
Articolo 7 Nelle proprie attività professionali, nelle attività di ricerca e nelle
comunicazioni dei risultati delle stesse, nonché nelle attività didattiche, lo
psicologo valuta attentamente, anche in relazione al
contesto, il grado di validità e di attendibilità di informazioni, dati e fonti
su cui basa le conclusioni raggiunte; espone, all'occorrenza, le ipotesi
interpretative alternative, ed esplicita i limiti dei risultati. Lo psicologo,
su casi specifici, esprime valutazioni e giudizi professionali solo se fondati
sulla conoscenza professionale diretta ovvero su una documentazione adeguata ed
attendibile.
Articolo 8 Lo psicologo contrasta l'esercizio abusivo della professione come definita
dagli articoli 1 e 3 della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, e segnala al
Consiglio dell'Ordine i casi di abusivismo o di usurpazione di titolo di cui
viene a conoscenza. Parimenti, utilizza il proprio titolo professionale
esclusivamente per attività ad esso pertinenti, e non avalla con esso attività
ingannevoli od abusive.
Articolo 9 Nella sua attività di ricerca lo psicologo è tenuto ad informare
adeguatamente i soggetti in essa coinvolti al fine di ottenerne il previo
consenso informato, anche relativamente al nome, allo status scientifico e
professionale del ricercatore ed alla sua eventuale istituzione di
appartenenza. Egli deve altresì garantire a tali soggetti la piena libertà di
concedere, di rifiutare ovvero di ritirare il consenso stesso.Nell'ipotesi in
cui la natura della ricerca non consenta di informare preventivamente e
correttamente i soggetti su taluni aspetti della ricerca stessa, lo psicologo
ha l'obbligo di fornire comunque, alla fine della prova ovvero della raccolta
dei dati, le informazioni dovute e di ottenere l'autorizzazione all'uso dei
dati raccolti. Per quanto concerne i soggetti che, per età o per altri motivi,
non sono in grado di esprimere validamente il loro consenso, questo deve essere
dato da chi ne ha la potestà genitoriale o la tutela, e, altresì, dai soggetti
stessi, ove siano in grado di comprendere la natura della collaborazione
richiesta. Deve essere tutelato, in ogni caso, il diritto dei soggetti alla
riservatezza, alla non riconoscibilità ed all'anonimato.
Articolo 10 Quando le attività professionali hanno ad oggetto il comportamento degli
animali, lo psicologo si impegna a rispettarne la natura ed a evitare loro
sofferenze.
Articolo 11 Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto non
rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale,
né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate, a meno
che non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli seguenti.
Articolo 12 Lo psicologo si astiene dal rendere testimonianza su fatti di cui è venuto
a conoscenza in ragione del suo rapporto professionale. Lo psicologo può
derogare all'obbligo di mantenere il segreto professionale, anche in caso di
testimonianza, esclusivamente in presenza di valido e dimostrabile consenso del
destinatario della sua prestazione. Valuta, comunque, l'opportunità di fare uso
di tale consenso, considerando preminente la tutela psicologica dello stesso.
Articolo 13 Nel caso di obbligo di referto o di obbligo di denuncia, lo psicologo
limita allo stretto necessario il riferimento di quanto appreso in ragione del
proprio rapporto professionale, ai fini della tutela psicologica del soggetto.
Negli altri casi, valuta con attenzione la necessità di derogare totalmente o
parzialmente alla propria doverosa riservatezza, qualora si prospettino gravi
pericoli per la vita o per la salute psicofisica del soggetto e/o di terzi.
Articolo 14 Lo psicologo, nel caso di intervento su o attraverso gruppi, è tenuto ad in
informare, nella fase iniziale, circa le regole che governano tale intervento.
È tenuto altresì ad impegnare, quando necessario, i componenti del gruppo al
rispetto del diritto di ciascuno alla riservatezza.
Articolo 15 Nel caso di collaborazione con altri soggetti parimenti tenuti al segreto
professionale, lo psicologo può condividere soltanto le informazioni
strettamente necessarie in relazione al tipo di collaborazione.
Articolo 16 Lo psicologo redige le comunicazioni scientifiche, ancorché indirizzate ad
un pubblico di professionisti tenuti al segreto professionale, in modo da
salvaguardare in ogni caso l'anonimato del destinatario della prestazione.
Articolo 17 La segretezza delle comunicazioni deve essere protetta anche attraverso la
custodia e il controllo di appunti, note, scritti o registrazioni di qualsiasi
genere e sotto qualsiasi forma, che riguardino il rapporto professionale.Tale
documentazione deve essere conservata per almeno i cinque anni successivi alla
conclusione del rapporto professionale, fatto salvo quanto previsto da norme
specifiche. Lo psicologo deve provvedere perché, in caso di sua morte o di suo
impedimento, tale protezione sia affidata ad un collega ovvero all'Ordine
professionale.Lo psicologo che collabora alla costituzione ed all'uso di
sistemi di documentazione si adopera per la realizzazione di garanzie di tutela
dei soggetti interessati.
Articolo 18 In ogni contesto professionale lo psicologo deve adoperarsi affinché sia il
più possibile rispettata la libertà di scelta, da parte del cliente e/o del
paziente, del professionista cui rivolgersi.
Articolo 19 Lo psicologo che presta la sua opera professionale in contesti di selezione
e valutazione è tenuto a rispettare esclusivamente i criteri della specifica
competenza, qualificazione o preparazione, e non avalla decisioni contrarie a
tali principi.
Articolo 20 Nella sua attività di docenza, di didattica e di formazione lo psicologo
stimola negli studenti, allievi e tirocinanti l'interesse per i principi
deontologici, anche ispirando ad essi la propria condotta professionale.
Articolo 21 L'insegnamento dell'uso di strumenti e tecniche conoscitive e di intervento
riservati alla professione di psicologo a persone estranee alla professione
stessa costituisce violazione deontologica grave. Costituisce aggravante
avallare con la propria opera professionale attività ingannevoli o abusive
concorrendo all'attribuzione di qualifiche, attestati o inducendo a ritenersi
autorizzati all'esercizio di attività caratteristiche dello psicologo. Sono
specifici della professione di psicologo tutti gli strumenti e le tecniche
conoscitive e di intervento relative a processi psichici (relazionali, emotivi,
cognitivi, comportamentali) basati sull'applicazione di principi, conoscenze,
modelli o costrutti psicologici. È fatto salvo l'insegnamento di tali strumenti
e tecniche agli studenti dei corsi di studio universitari in psicologia e ai
tirocinanti. È altresì fatto salvo l'insegnamento di conoscenze psicologiche.
Capo II - Rapporti con
l'utenza e con la committenza
Articolo 22 Lo psicologo adotta condotte non lesive per le persone di cui si occupa
professionalmente, e non utilizza il proprio ruolo ed i propri strumenti
professionali per assicurare a sè o ad altri indebiti vantaggi.
Articolo 23 Lo psicologo pattuisce nella fase iniziale del rapporto quanto attiene al
compenso professionale. In ogni caso la misura del compenso deve essere
adeguata all'importanza dell'opera. In ambito clinico tale compenso non può
essere condizionato all'esito o ai risultati dell'intervento professionale.
Articolo 24 Lo psicologo, nella fase iniziale del rapporto professionale, fornisce
all'individuo, al gruppo, all'istituzione o alla comunità, siano essi utenti o
committenti, informazioni adeguate e comprensibili circa le sue prestazioni, le
finalità e le modalità delle stesse, nonché circa il grado e i limiti giuridici
della riservatezza. Pertanto, opera in modo che chi ne ha diritto possa
esprimere un consenso informato. Se la prestazione professionale ha carattere
di continuità nel tempo, dovrà esserne indicata, ove possibile, la prevedibile
durata.
Articolo 25 Lo psicologo non usa impropriamente gli strumenti di diagnosi e di
valutazione di cui dispone. Nel caso di interventi commissionati da terzi,
informa i soggetti circa la natura del suo intervento professionale, e non
utilizza, se non nei limiti del mandato ricevuto, le notizie apprese che
possano recare ad essi pregiudizio. Nella comunicazione dei risultati dei
propri interventi diagnostici e valutativi, lo psicologo è tenuto a regolare
tale comunicazione anche in relazione alla tutela psicologica dei soggetti.
Articolo 26 Lo psicologo si astiene dall'intraprendere o dal proseguire qualsiasi
attività professionale ove propri problemi o conflitti personali, interferendo
con l'efficacia delle sue prestazioni, le rendano inadeguate o dannose alle
persone cui sono rivolte.Lo psicologo evita, inoltre, di assumere ruoli
professionali e di compiere interventi nei confronti dell'utenza, anche su
richiesta dell'Autorità Giudiziaria, qualora la natura di precedenti rapporti
possa comprometterne la credibilità e l'efficacia.
Articolo 27 Lo psicologo valuta ed eventualmente propone l'interruzione del rapporto
terapeutico quando constata che il paziente non trae alcun beneficio dalla cura
e non è ragionevolmente prevedibile che ne trarrà dal proseguimento della cura
stessa.Se richiesto, fornisce al paziente le informazioni necessarie a
ricercare altri e più adatti interventi.
Articolo 28 Lo psicologo evita commistioni tra il ruolo professionale e vita privata
che possano interferire con l'attività professionale o comunque arrecare
nocumento all'immagine sociale della professione. Costituisce grave violazione
deontologica effettuare interventi diagnostici, di sostegno psicologico o di
psicoterapia rivolti a persone con le quali ha intrattenuto o intrattiene
relazioni significative di natura personale, in particolare di natura
affettivo-sentimentale e/o sessuale. Parimenti costituisce grave violazione
deontologica instaurare le suddette relazioni nel corso del rapporto
professionale. Allo psicologo è vietata qualsiasi attività che, in ragione del
rapporto professionale, possa produrre per lui indebiti vantaggi diretti o
indiretti di carattere patrimoniale o non patrimoniale, ad esclusione del
compenso pattuito. Lo psicologo non sfrutta la posizione professionale che
assume nei confronti di colleghi in supervisione e di tirocinanti, per fini
estranei al rapporto professionale.
Articolo 29 Lo psicologo può subordinare il proprio intervento alla condizione che il
paziente si serva di determinati presidi, istituti o luoghi di cura soltanto
per fondati motivi di natura scientifico-professionale.
Articolo 30 Nell'esercizio della sua professione allo psicologo è vietata qualsiasi
forma di compenso che non costituisca il corrispettivo di prestazioni
professionali.
Articolo 31 Le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono,
generalmente, subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà
genitoriale o la tutela.Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al
precedente comma, giudichi necessario l'intervento professionale nonché
l'assoluta riservatezza dello stesso, è tenuto ad informare l'Autorità Tutoria
dell'instaurarsi della relazione professionale. Sono fatti salvi i casi in cui
tali prestazioni avvengano su ordine dell'autorità legalmente competente o in
strutture legislativamente preposte.
Articolo 32 Quando lo psicologo acconsente a fornire una prestazione professionale su
richiesta di un committente diverso dal destinatario della prestazione stessa,
è tenuto a chiarire con le parti in causa la natura e le finalità
dell'intervento.
Capo III - Rapporti
con i colleghi
Articolo 33 I rapporti fra gli psicologi devono ispirarsi al principio del rispetto
reciproco, della lealtà e della colleganza. Lo psicologo appoggia e sostiene i
Colleghi che, nell'ambito della propria attività, quale che sia la natura del
loro rapporto di lavoro e la loro posizione gerarchica, vedano compromessa la
loro autonomia ed il rispetto delle norme deontologiche.
Articolo 34 Lo psicologo si impegna a contribuire allo sviluppo delle discipline
psicologiche e a comunicare i progressi delle sue conoscenze e delle sue
tecniche alla comunità professionale, anche al fine di favorirne la diffusione
per scopi di benessere umano e sociale.
Articolo 35 Nel presentare i risultati delle proprie ricerche, lo psicologo è tenuto ad
indicare la fonte degli altrui contributi.
Articolo 36 Lo psicologo si astiene dal dare pubblicamente su colleghi giudizi negativi
relativi alla loro formazione, alla loro competenza ed ai risultati conseguiti
a seguito di interventi professionali, o comunque giudizi lesivi del loro
decoro e della loro reputazione professionale. Costituisce aggravante il fatto
che tali giudizi negativi siano volti a sottrarre clientela ai colleghi.
Qualora ravvisi casi di scorretta condotta professionale che possano tradursi
in danno per gli utenti o per il decoro della professione, lo psicologo è
tenuto a darne tempestiva comunicazione al Consiglio dell'Ordine competente.
Articolo 37 Lo psicologo accetta il mandato professionale esclusivamente nei limiti
delle proprie competenze. Qualora l'interesse del committente e/o del
destinatario della prestazione richieda il ricorso ad altre specifiche
competenze, lo psicologo propone la consulenza ovvero l'invio ad altro collega
o ad altro professionista.
Articolo 38 Nell'esercizio della propria attività professionale e nelle circostanze in
cui rappresenta pubblicamente la professione a qualsiasi titolo, lo psicologo è
tenuto ad uniformare la propria condotta ai principi del decoro e della dignità
professionale.
Capo IV - Rapporti con
la società
Articolo 39 Lo psicologo presenta in modo corretto ed accurato la propria formazione,
esperienza e competenza. Riconosce quale suo dovere quello di aiutare il
pubblico e gli utenti a sviluppare in modo libero e consapevole giudizi,
opinioni e scelte.
Articolo 40 Indipendentemente dai limiti posti dalla vigente legislazione in materia di
pubblicità, lo psicologo non assume pubblicamente comportamenti scorretti
finalizzati al procacciamento della clientela. In ogni caso, può essere svolta
pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le
caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi
delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il
cui rispetto è verificato dai competenti Consigli dell'Ordine. Il messaggio
deve essere formulato nel rispetto del decoro professionale, conformemente ai
criteri di serietà scientifica ed alla tutela dell'immagine della professione.
La mancanza di trasparenza e veridicità del messaggio pubblicizzato costituisce
violazione deontologica.
Capo V - Norme di
attuazione
Articolo 41 È istituito presso la "Commissione Deontologia" dell'Ordine degli
psicologi l'"Osservatorio permanente sul Codice Deontologico",
regolamentato con apposito atto del Consiglio Nazionale dell'Ordine, con il
compito di raccogliere la giurisprudenza in materia deontologica dei Consigli
regionali e provinciali dell'Ordine e ogni altro materiale utile a formulare
eventuali proposte della Commissione al Consiglio Nazionale dell'Ordine, anche
ai fini della revisione periodica del Codice Deontologico. Tale revisione si
atterrà alle modalità previste dalla Legge 18 febbraio 1989, n. 56.
Articolo 42 Il presente Codice deontologico entra in vigore il trentesimo giorno
successivo alla proclamazione dei risultati del referendum di approvazione, ai
sensi dell'art. 28, comma 6, lettera c) della Legge 18 febbraio 1989, n. 56.
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